Paris: la redécouverte

 

 

 

Parigi è stata nuova, come già sapevo.

Arriviamo di notte: le prime immagini al risveglio sono tetti e comignoli, gli abbaini parigini che vediamo dalla nostra finestra, poi la boulangerie vicino all’hotel, e nel chiedere due croissant au beurre mi riempie di gioia sentire attorno a me le sonorità meravigliose della lingua che non sono riuscita a scordare.

Poi via, comincia l’esplorazione.

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è meraviglioso lo spettacolo delle Sue fusioni, così evidenti in metrò, dove aspetto in piedi la mia fermata circondata da volti di ogni colore. Le mie coetanee, eleganti e perfettamente in ordire anche in quei tunnel sotterranei di fretta e umanità accalcata, mi mettono un po’ soggezione. Sembrerebbe banale a loro la mia vita di provincia, loro che passano distrattamente ogni giorno vicino a tutto quello che noi siamo venuti a cercare a Parigi?

C’è così tanto da vedere che due giorni non possono bastare, è un omaggio, un tornare per dire “non ti ho dimenticata, ho ancora voglia di scoprirti”. Per un attimo mi sento disorientata passeggiando sui boulevard, quando trovo che i bistrò coi tavolini all’aperto sono sostituiti dalle catene di fast food e caffé americani…dispiace un po’ ritrovarla così globalizzata, un po’ derubata di quel pizzico di classicità retrò che la contraddistingueva. Dispiace trovarla sovrastata da un cielo grigio che ha spento tutti i colori, quindi ho dovuto pregare l’Orso, per nulla ispirato, di scattare comunque qualche foto.

Ma ecco che tutto torna al suo posto. Resta, quando finalmente ci si avvicina, il conforto delle certezze che ha da offrire.

Si arriva all’Ile de la Cité dopo una passeggiata lungo il quai,  percorrendo il Pont des Arts, ponte dei lucchetti, e il giardinetto dietro Notre Dame è un angolo di pace lungo il fiume: sembra voler invitare a riposarsi un attimo dopo tanto correre, a farsi ricoprire di foglie gialle.

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La Tour Eiffel ci coglie di sorpresa spesso: mentre passeggiamo e ci voltiamo per guardarci intorno, eccola là che sbuca all’orizzonte.

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La sera ci accoglie in fondo a Champ de Mars tagliando la nebbia col suo metallo, e ci saluta sfavillando di mille lucine quando ci fermiamo a guardarla a naso in su, fregandosene delle pioggerellina fine che ci imperla i cappotti pesanti.

 

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C’è ancora quel negozio di cartoline a Les Halles, vicino alle fontane colorate del Centre Pompidou, mi ricordo di esserci già entrata…e lì vicino pranziamo con una gallette bretone.

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Place du Tertre ci sdubbia un po’, così invasa di turisti già di prima mattina, e la lasciamo in fretta dietro di noi per avventurarci nelle stradine di Montmartre, vegliate dalla meringona del Sacre Coeur. Alcune le riconosco e mi riportano indietro nel tempo.

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Resta una delle mie zone preferite, un po’ appartata, il nascondiglio giusto per Vianne Rocher e per Amélie. Ho seguito le sue tracce in città, dal Café les deux Moulins a Rue Mouffetard, l’ho immaginata giocare a nascondino col suo Nino per le stazioni della metro.

Però, mi sono chiesta spesso: Amélie Poulain se la caverebbe ancora bene in questa nuova, frenetica e globale Parigi che ho ri-scoperto, nell’epoca degli smartphone?

Dopo tante riscoperte, anche qualcosa di mai visto prima: le ninfee di Monet all’ Orangerie du Louvre.

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Sei tele enormi, da guardare e riguardare, dall’entrata della sala o da pochi centimetri di distanza per vedere come pennellate caotiche si trasformano in fiori acquatici e luce perfetta.

E poi, il sogno.

Io e l’Orso siamo stati a vedere il concerto della mia Diva, Céline Dion. Da non crederci che alla fine ce l’ho fatta, dopo averlo immaginato decine di volte!

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Ho un amore particolare per questa artista, è davvero difficile spiegare cosa mi si smuove dentro quando sento la sua voce. Per me è molto di più di una cantante dal talento straordinario, ma sento, davvero,  che la sua musica fa parte della mia storia.Potrei descrivere un ricordo per ogni sua canzone: mi ha accompagnata dall’adolescenza all’età adulta, e tutt’ora riascolto canzoni di anni fa che hanno sempre un posto speciale nella mia mente, e la riscopro, la riamo e ho di nuovo i brividi nello scoprire sfumature della voce che non ricordavo, frasi che sembrano fatte apposta per me, allora come adesso. Molti dei suoi cd sono talmente consumati che non si possono più ascoltare!è stato molto più di un concerto: mi sono goduta più di due ore di bellissima musica sentendomela passare attraverso, senza perderne nemmeno una nota.

Su alcuni pezzi ho riso e ballato, ho pianto senza accorgermene e ho stretto la mano dell’Orso, d’istinto, su altri.

è la mia Diva. Non scorderò presto questa serata.

 

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