Quando sei in dubbio, vai nei boschi

Non sono mai stata brava con gli addii, e purtroppo ho sperimentato che quando si chiude un capitolo non è semplice trasformarli in dei semplici arrivederci: la vita nella sua quotidianità può risultare tanto travolgente che è sempre più facile che sia lei a prendere il sopravvento, e che quel che hai lasciato indietro se ne resti lì.

Con l’arrivo di giugno si è concluso il primo semestre della mia formazione e stamattina quando ho sentito le zampe di Magò sul viso non ho potuto non pensare “ma perché me ne sto a letto? non dovrei essere in ospedale a quest’ora?” ed è bastato il messaggio affettuoso di una collega del reparto per farmi salire un groppo allo stomaco che non posso scambiare per fame. è stato il periodo più positivo che ho vissuto da quando otto anni fa ho deciso di iscrivermi al test per medicina, ho finalmente conosciuto persone che anziché sopportare malvolentieri la mia presenza hanno voluto rendermi partecipe del loro lavoro, lasciare in me più insegnamenti che preoccupazioni…e mi mancano da morire.

Ci sarebbero tante cose di cui vorrei raccontare…i preparativi per il matrimonio, per il nostro viaggio e svelarne la meta, descrivere nei dettagli la fantastica giornata per l’addio al nubilato che delle splendide amiche hanno organizzato per me…eppure quello su cui negli ultimi tempi si è concentrato il mio entusiasmo è stato quello che sta pian piano diventando il mio lavoro: ed è bello, finalmente, sentirlo scorrere in me ogni volta che qualcuno mi chiede consigli per la sua salute, che un paziente mi augura “in bocca al lupo per il futuro”, che un collega mi tratta come una sua pari e non più come una studentella. Lunedì inizierà una nuova tappa, e sarà dura ricominciare da zero in un posto nuovo, con persone nuove, un lavoro completamente diverso.

L’Orso e la sua ciurma sono in mare con la barca Verde per l’addio al celibato, io sono da sola e fuori piove. Ho deciso che per calmarmi non mi farò fermare dalla pioggia e oggi pomeriggio salirò comunque in campagna per camminare.

L’ho già sperimentato giorni fa, quando con mia mamma e mia nonna abbiamo camminato nel bosco con ombrello e stivali di gomma per portare i fiori ad una piccola Madonnina costruita su un sentiero fra ginestre e fragole di bosco.

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Pioveva forte, l’acqua mi ha inzuppato i pantaloni della tuta e poi i calzini, lontano tuonava, ma una volta arrivate lì, in questo piccolo tempio di silenzio fra il verde, pregare era necessario, inevitabile, anche senza rivolgersi a nessuna Maria ma ad una Madre che non ha un volto umano ma profuma di muschio bagnato e risuona di mille gocce che dissetano il terreno. Tornare a casa con il sole e la mente sgombra da ogni preoccupazione è stato naturale.

Oggi si replica. Vado.

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