S’indigna.

Ovvero: storia di un giovedì pomeriggio eco-sostenibile.

A esami finiti, sono tornata finalmente a trovare la nonna che ormai non si ricordava nemmeno che faccia avevo. Mi saluta come se non mi vedesse da un anno, mi prepara il caffé “nel servito bono” e poi usciamo per farci una bella camminata per lasciare indietro gli impegni passati e non pensare a quelli futuri. Camminare con lei mi piace: mi chiede un sacco di cose ma non è mai invadente, mi ascolta, mi racconta della trasmissione che ha visto in tv la mattina e io le dico del dolce che ho fatto …si chiacchiera del più e del meno ma è così rilassante…e intanto oltre la curva c’è un bel solicino e una grande quercia: mi dice che da piccola mi fermavo sempre a “salutarla” quando passavamo di lì, e anche se io non me lo ricordo mi piace. Mentre ci dirigiamo verso casa mia, quella dove passo l’estate, avvisto un nido vuoto fra gli sterpi e mi arrampico,mi sporco,mi graffio per prenderlo. è piccino e rotondo, il vento l’ha un po’ rovinato.Mi prendo questo piccolo dono del bosco, sicuramente il suo proprietario ne costruirà uno nuovo al suo arrivo a primavera.

Sì, perché nell’aria si sente una strana stagione. L’aria punge, abbiamo sciarpa e cappello ma nei prati si vedono le prime margherite e in giardino i primi colori: le violette, qualche primula, i crocus portati da Amsterdam e i narcisi che mi piacciono così tanto. Nelle giornate serene si sente che la natura si sta svegliando, il verde brilla vivo e penso già a quando per Pasqua nevicheranno petali dai ciliegi, uno dei momenti dell’anno che preferisco.

Penso a quanto amo questo posto, mi vedo in una grande città, persa, impazzita in un dedalo di semafori e insegne stradali, e so che non starei mai bene come qui, dove il silenzio è prezioso.

Sto bene, sono tranquilla e sto caricando nuove energie per i prossimi mesi…Ma mi accorgo che a lato della strada, fra l’erba, c’è una bottiglia scura. Chi è quell’idiota che l’ha gettata lì (ho i miei sospetti, non infondati)? Va bene, la metto in vista così al ritorno la porto via e la butto nella campana del vetro. Più avanti, mi accorgo che fra i rovi luccica qualcosa di colorato,sono lattine. Ok, già che ci sono porto via pure quelle. Scendo,m’impiglio,mi guardo intorno e mi accorgo che non c’è solo la Moretti ai miei piedi: ce n’è davvero per tutti i gusti, disseminate qua e là, Nastro Azzurro, Bavaria, Peroni. Ormai decido che non posso lasciarle lì, tanto l’antitetanica l’ho fatta, no? Comunque che ci fanno lì tutte queste lattine?!? Con pazienza, attenta a non finire a testa in giù fra le spine mi faccio strada e le lancio una ad una sul ciglio della strada,trovo anche una decina delle solite bottiglie scure con l’etichetta gialla di cui non ricordo la marca (il nostro inquinatore folle ama la birra,pare).Qualche Fanta, Coca Cola,ma il reperto migliore è addirittura una bottiglia vuota di gin russo che chissà a quando risale, probabilmente lasciata da un nostro compaesano dai trascorsi alcolici. Finalmente risalgo sulla strada e alle mie spalle vedo una distesa di rifiuti che fino a dieci minuti prima se ne stavano disseminati in un bosco e che lì sarebbero rimasti per chissà quanto.

Evidentemente il nostro amico non sa che il vetro non è biodegradabile, non sa che a buttare una bottiglia nel cestino ci vuole lo stesso tempo che a buttarla fuori dal finestrino con la differenza che se hai fortuna sarà smaltita come si deve, nel primo caso, e forse anche riciclata. Non sono più così calma, anzi, sono proprio arrabbiata! Ma cosa credi, che svaniscano nel nulla!? Come puoi insozzare così un posto tanto bello? Intanto nella mia mente si fa nitida l’immagine dell’intelligentone che mi ha fatto scorticare braccia e mani per raccogliere la sua spazzatura. Lo conosciamo, eccome. Si vede che certe persone prima di andare a fare l’orto si devono caricare con una bella birretta. Mia nonna si erge in sua difesa, dopotutto è un mezzo parente: ”Saranno stati i ragazzi.”

Ecco,qui non mi tengo più.,queste frasi fatte non le reggo. Ma quali ragazzi passano di qui?? Infatti il sospetto inquinatore folle è un tizio di quarant’anni suonati!  Tentata farne un bel sacchetto e metterglielo davanti alla porta di casa, proseguo verso la mia, e raccolgo ancora qualche ricordino lasciato dal caro signore…Più tardi, davanti alla campana del vetro le conto, una ad una: ventisette, fra bottiglie e lattine, raccolte in venti passi. E penso a quanta ignoranza c’è in giro, a quanto di più si dovrebbe fare, alla disinformazione sui rifiuti, sulla raccolta differenziata.

Troppi “ma io che posso farci”, troppi “ma tanto non si risolve niente”. Penso alla famosa goccia nel mare: cosa può fare differenziare i rifiuti davanti ai disastri ambientali? è proprio vero che a riciclare la plastica e il vetro s’inquina meno che a produrne di nuova? Sei proprio sicura che i rifiuti che hai accuratamente differenziato siano davvero smaltiti nel rispetto per l’ambiente? No, non lo so, non sono sicura, ma non posso fare diversamente perché se non contribuissi neanche per quella goccia minuscola non sarei in pace con me stessa,mi sentirei una criminale nei confronti del mio mondo, della mia aria. Penso a quanto io stessa che sto attenta ne sappia così poco. Non di rado resto piantata davanti alla pattumiera con un contenitore di plastica mista domandandomi se devo buttarlo nell’indifferenziato oppure no, con il cartone della pizza sporco di pomodoro domandandomi se è riciclabile oppure no. Non se ne parla, non interessa, e so che è un problema enorme, urgente.

Forse lotto contro i mulini a vento, cosa ci ho guadagnato? Un bosco più pulito, e non è poco.

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