Tre pani

 

Avete presente quando da piccole si facevano “i mangiarini”? Almeno, io li facevo, con le più disparate cose. Ero una gran decoratrice di torte di terra con fiori di sambuco, ebbene sì, nel mio “caffè nel bosco” vicino a casa, fatto di assi di legno, inizialmente con una coperta al posto del tetto ma poi addirittura abitabile! E avevo anche una discreta clientela, che fossero mia nonna e le sue amiche che venivano da me “a prendere un tè” o le altre bambine che venivano a pasticciare con me. Si vede che questa voglia di giocare non mi è passata, visto che,si sarà capito, mi piace fare tutto quello che prevede impastare, mescolare…e se c’è da sporcarsi sono ancora più contenta. (Chissà forse farsi l’henné nasconde un desiderio primitivo e represso di giocare con la terra!)

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Fare il pane è una delle esperienze più belle, una di quelle cose emozionanti che non so perché, ma sento oltre il semplice mescolare acqua e farina.

Lo sento parte delle radici.

Il lievito madre l’ho fatto già tante volte e ogni volta tanta contentezza nell’assistere alla lenta trasformazione : l’ho nutrito, l’ho osservato crescere, l’ho annusato, l’ho impastato, ho fatto il pane e ho amato quel sapore tanto diverso.

Ma poi,ogni volta, dopo qualche mese di cure… è finito in acido. è inutile, anche se mi piacerebbe tanto i ritmi di città-treni-libri-lezioni non si conciliano bene con queste cose che richiedono lentezza e tanto tempo: la città distrae e sottrae tempo prezioso. Per fortuna non è difficile ricominciare da zero. Mi piace sentire la pasta morbida e profumata sotto le mani, plasmarla come se facessi una scultura, metterla al caldo come se fosse il fagottino di un bambino e dopo tante ore vedere che è cresciuta…e poi mi affascina pensare che è un’attività antica, che anche le nostre nonne avevano la madre in casa.

Nelle ultime settimane ho fatto tre pani, uno integrale, uno con semi di lino, girasole,zucca, sesamo e nigella e uno bianco, aiutandomi con le ricette che ho trovato su questo librino qui accanto.


Mi sembra un po’ assurdo che serva un libro per una cosa che le nostre nonne facevano a naso, ma devo dire che faccio non poca confusione fra poolish, biga, pasta acida…doppia lievitazione, pieghe, farina 1, 2, 0….un caos! Internet è meraviglioso ma può mandarmi in tilt quando ci sono troppe informazioni…e io ho un cervello semplice.

Molti dubbi restano ma il libro è chiaro e schematico, e seguendo le  istruzioni il lievito è nato in fretta.
Lo userò come traccia,ma poi penso che mi fiderò dell’esperienza. Che nervoso quando leggo di usare farine assurde e introvabili! Non so, forse non servono tante regole, forse basterà usare un po’ d’intuito e fidarsi.

Il pane ha tante cose da dire, bisogna ascoltarlo: prima di cuocerlo ho avvicinato l’orecchio e l’ho sentito borbottare mentre le bollicine di anidride carbonica scoppiavano fra le maglie della pasta.

Vuol dire tutto bene, sto lievitando tranquillo, sono pieno di vita. Poi ho sfornato la pagnotta tonda e profumata e anche lei mi ha detto qualcosa, suonava proprio bene: scricchiolii dalla crosta avvicinandola all’orecchio e un bel toc toc sordo bussandoci sopra…vuol dire sono pronta, sono cotta e croccante.

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Il calore fa esplodere l’energia che ha dentro, questo qua sotto è letteralmente fiorito! Sono davvero felice, non mi era mai venuto così buono e a distanza di giorni è ancora morbido. Vi racconto come l’ho fatto.

Pane bianco

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  • Farina 0, 500 g
  • Farina manitoba,100 g
  • Acqua, 360 g
  • Pasta madre, 200 g (rinfrescata da non più di 24 ore)

Mattina, ore 7:00 – Impasto e prima lievitazione

Ho sciolto la pasta madre nell’acqua in una ciotola capiente, poi ho aggiunto la farina a poco a poco mescolando. Ho rovesciato tutto sul tavolo infarinato e ho lavorato la pasta per pochi minuti fino a formare una palla morbida.

L’ho lasciata riposare per circa trenta minuti per favorire l’autolisi, cioè l’idratazione dell’amido e la formazione della maglia di glutine che darà struttura al pane, poi ho lavorato ancora qualche minuto la pasta che risultava morbida ed elastica e l’ho messa a riposare nella ciotola coperta con un panno per circa dieci ore.

Pomeriggio, ore 17.00 Folding e seconda lievitazione

Ho ritrovato la pasta raddoppiata di volume e l’ho sistemata sulla spianatoia per il folding: questa è un’operazione che aiuta il pane a crescere in altezza una volta infornato e si fa dando alla pagnotta una forma rotonda e immaginando di dividerla in spicchi triangolari che si portano verso il cento ruotando. Ho voltato la pagnotta dal lato liscio e ho fatto un taglio a croce, poi l’ho lasciata lievitare altre due ore circa coperta con un panno. 

Ore 19.00 – Cottura

Ho infornato il pane a 200° per circa trenta minuti, poi ho abbassato la temperatura a 180° per gli ultimi dieci minuti di cottura, girando la pagnotta dopi i primi cinque per farla asciugare anche sul lato inferiore. A questo punto l’ho lasciata ancora nel forno acceso a fessura, cioè appena aperto, per farla diventare bella croccante, appoggiata sulla griglia del forno. Se “scrocchia e bussa bene” vuol dire che è cotta. si può assaggiare il pane subito ma sarà un po’ umido, io preferisco mangiarlo quando si è raffreddato nel forno spento o su un tagliere di legno. 

 

Ah già, i grissini! Ma questo ve lo racconto un’altra volta!

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Invece vi dico come ho fatto il lievito stavolta, è banale ma magari a qualche curioso interessa. Una volta pronto lo conservo in frigorifero chiuso in un contenitore di plastica e lo rinfresco una volta a settimana con ugual peso in farina e metà peso in acqua. Se devo fare il pane lo tengo a temperatura ambiente per le 24 ore precedenti e intanto lo rinfresco.

Lievito Madre

solo acqua e farina- seconda versione

  • farina integrale, 50 g
  • acqua, 30 g

Ho mescolato in l’acqua e la farina e ho lasciato riposare nel contenitore chiuso col tappo per 48 ore a temperatura ambiente. Nei giorni successivi ho fatto altri tre rinfreschi a distanza di 48 ore l’uno dall’altro finché la pastella non ha iniziato a fare le bollicine e ha preso l’odore caratteristico della fermentazione.

Quando riesce a raddoppiare di volume dopo 4 ore dal rinfresco la pasta madre è pronta, anche se prima di fare il pane è meglio continuare a rinfrescarla “a vuoto“ per un’altra settimana (i primi non sono venuti molto buoni ma un po’ acidi e con l’alveolatura molto stretta).

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