Back from London

Panico da primo giorno di università: tipico. “Ma te dove lo prepari l’esame, ma a che appello lo dai, ma il fonendoscopio l’hai comprato, ma il tirocinio quando comincia?” …caaaalma! Cioè, lo so che il tempo incalza, ma con questo sole meraviglioso non voglio proprio agitarmi, anche se il premio fedeltà per tre ore in copisteria a stampare tomi di fotocopie (che andranno studiate, prima o poi) non me lo leva nessuno.

Mi sento molto svolazzante in questi giorni, anche se so che dovrò presto venir giù: ho un magnifico mazzo di mimosa davanti, sul tavolino del salotto,e il sole filtra dalle tende. Le mie orchidee se lo godono come me e intanto i loro fiori colorati si fanno bellissimi, pronti a sbocciare. Accanto a me il mio gattone dorme con un occhio chiuso e uno aperto,ogni tanto si rotola…chissà cosa sogna. Tante pagine, tanti treni da prendere e tanti pomeriggi da passare in ospedale, ma sto bene. Stamattina voglio godermi questo sole.

Vorrei lasciare qualche pensiero sparso su Londra visto che con i piedi sono nella  mia città ma ho ancora un pezzettino di me laggiù.

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L’avevo già visitata (vacanza studio, quarta superiore) ma riscoprirla è stato bellissimo, soprattutto con l’Orso che ha girato mezzo mondo ma che a Londra non c’era mai stato. Più che in altre grandi città mi sono sentita parte di qualcosa, come di un grande corpo, di un formicaio, un calderone dove c’ero anch’io. Mi sono sentita una “cittadina del mondo” davvero, mimetizzata perfettamente fra quella varietà incredibile di persone.

A Londra ti vesti come ti pare: nessuno ti guarda storto se hai i pantaloni verde pisello e la maglietta rosa salmone, nessuno ti fissa sbalordito se ti vede con una tutona da coniglio rosa in pieno giorno a Piccadilly Circus. Nessuno ti chiede da dove vieni se il tuo inglese è un po’ incerto, mentre in Italia appena parli toscano arriva subito qualcuno con l’immancabile battuta sulla Coca-Cola.

La metropolitana è una delle prime cose di Londra che mi ha stregata: un mondo sotterraneo che brulica di vita, di fretta e scale mobili, di borse, e tacchi, e bicchieroni di caffé. Tante facce bellissime, tanto diverse: dalla ragazza nera con mille treccine che si trucca accanto a me alla bambina con il fiocco che impara i nomi delle fermate insieme alla mamma, o il ragazzo biondo con le scarpone e le cuffie che forse ascolta metal pesantissimo o forse musica classica, chissà. Guardare la gente in cerca di dettagli è una delle cose che mi piacciono di più quando mi trovo nei posti affollati, specialmente negli aeroporti. Perfetti sconosciuti, ma mi piace immaginarmi dove vanno, se a casa li aspetta qualcuno. Come la ragazza coi piercing e lo smalto nero vicina a me in volo,che dalle due parole che abbiamo scambiato è un’abituée di Londra, forse va dal fidanzato che magari è una delle creste punk di Camden Town.

Pochi attimi di folle corsa e la vocina dell’Underground ti guida, t’invita a scendere alla scoperta di un nuovo quartiere: mind the gap, e uscito dalle viscere della terra ti ritrovi di fronte al Big Ben illuminato e ti viene voglia di essere Peter Pan per poter volare sulle sue lancette.

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Non ho visto altre città dove in mezzo a palazzoni scintillanti tutti di vetro si nasconde una chiesa gotica bellissima e ricca di storia come la Southwork Cathedral, dove sotto un ponte ferroviario si trova un mercato biologico con dolci tipici, strane verdure e cibi da tutta Europa come al Borough Market. In pieno centro bellissimi parchi con gli scoiattoli, alberi antichi che hanno visto la città crescergli attorno e le scarpe da ginnastica di chi fa footing in pantaloncini e canottiera con due gradi sopra zero, daffodils gialli che spuntano ovunque. Li abbiamo attraversati tutti a piedi ma li abbiamo trovati quasi deserti per il freddo, salvo per una ragazza che faceva yoga nel bel mezzo di Hyde Park.

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Poi sul Bus Rosso, non tanto diverso dal Nottetempo di Harry Potter (inchiodate che ti spalmano sul vetro e curve strette strette), e eccoci a Covent Garden, dove i ragazzi di un quartetto d’archi riempiono l’aria di note. Tante porticine di legno e pareti stipate di scatole di té, che non puoi non entrare ed annusare, osservare e portartene via un barattolino.

Entrare a Westminster è una strana esperienza: non è esattamente una chiesa, non mi ha dato quest’impressione. è più un luogo dove si celebra la “britannicità”, la storia del paese e quel culto dei reali che può sembrare tanto obsoleto e maniacale  agli occhi di uno straniero. Targhe e tombe di ignoti o celebri, ricchi, nobili, uomini d’affari, strateghi, politici, ma anche poeti, scrittori, e, proprio dentro una cattedrale, scienziati. Strano a dirsi, ma camminando sopra tutte quelle teste coronate si sente l’aria spessa di tutto l’orgoglio per la propria storia e per le proprie radici che mi trasmette P., la mia amica British, ogni volta che ci parlo, e la capisco un po’ di più.

Non con il letto volante come in Pomi d’Ottone e Manici di Scopa,ma abbiamo fatto una capatina anche a Portobello Road per il mercato del sabato in cerca di cianfrusaglie. Una stradina di porte colorate come quella del film Nottingh Hill ospita bancarelle dove puoi trovare mazze da golf, scarpette da calcio d’altri tempi e teiere d’argento, tazzine di porcellana, e certamente anche tanti dolci inglesi burrosissimi, buonissimi.

Viaggiare è incredibile, non smetterò mai di dirlo. Fosse anche visitare un paesino a un’ora di macchina da casa o luoghi lontanissimi dalla cultura sconosciuta, non importa quanto vai lontano, cosa cerchi, ma si scopre sempre qualcosa,e si torna un po’ diversi.

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