Game Over

Fare gli esami all’università è come giocare a tetris: mattoncini da incastrare che non c’entrano, non li puoi accorciare…e allora corri, rimanda, arrabbiati, panico, sogni che t’interrogano, poi ripeti ripeti, poi vai e l’esame è fatto, finalmente. Una strategia quasi militare per mettere tutto al suo posto senza lasciar fuori niente e poi ti giochi tutto il lavoro e l’ansia di mesi in una misera oretta. Stavolta non sono stata abbastanza lungimirante e brava a incastrare i mattoncini e mi sono portata a fine febbraio un esame bello grosso che mi piaceva tanto e che volevo fare bene.

Finalmente l’ho fatto. è stato un parto, ma è andata. Torno a casa con un po’ d’amaro in bocca, non per il mio risultato che è né più né meno quello che mi ero prefissata, ma nel vedere come siano ingiuste certe dinamiche in cui l’impegno non premia, il sacrificio nemmeno. Quello che conta alla fine sono le circostanze in cui ti ritrovi, la capacità che hai o no di vendere fumo, addirittura l’ordine in cui ti siedi davanti alla schiera di vecchi prof pomposi che dall’alto della loro presunzione ti guardano con cipiglio e non pensano che non sei lì a soddisfare la loro voglia di spadroneggiare ma a costruire il tuo futuro. Per il puro gusto di fare i tiranni vogliono sentirti dire cose che ovviamente il tuo livello di preparazione di studente del quarto, anche se molto studioso, non ti consente di sapere. Tutta politica: le casse dell’università si riempiono coi soldi di chi resta indietro perché ostacolato da gente del genere e i veterani che prendono fior di stipendi per cinque minuti di visita mantengono il loro posto finché vogliono perché questi giovani sfigati d’oggi non si laureano.

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Niente rimpianti per me stessa, mi è mancato smettere di dormire e poi ho fatto il massimo che potevo, ma assistere a certe scene mi lascia dentro un senso d’impotenza che mi stringe lo stomaco. Sono completamente disillusa, è una buona dimostrazione di come funziona il mondo e non me ne stupisco, ma fa male ogni volta che me ne rendo conto.

Ora la sessione è finita e si ricomincia a vivere: primo passo, tornare donna, nel senso che il livello di trasandatezza è tale che sono quasi diventata un uomo. Basta stare seduta, tornare in piscina a smaltire il sedere.
E poi via che si ricomincia a fare quello che mi piace: il pane, l’uncinetto, gli intrugli per i capelli, e finalmente mi potrò godere la casa di legno e pietra nel periodo dell’anno che preferisco. Da qualche settimana è stata dotata di un termo camino micidiale che scoppietta allegro e la scalda in un batter d’occhio. Ho in mente di andare a passare qualche giorno lì a sentir cinguettare e leggere e sferruzzare in giardino, e intanto cucinare, passeggiare con la nonna e aspettare l’Orso per cena.
Questi giorni di mezzo fra la vecchia e la nuova stagione mi riempiono di gioia: cielo celeste e bulbi di tulipano che spingono la terra umida per mostrare al sole il loro germoglio verdissimo, i giacinti che hanno un profumo che fa girare la testa. Ieri sera a naso in su in giardino si vedevano tutte le stelle, si sentiva la civetta cantare: da far pace col mondo.

Ho comprato un uncinetto numero due per fare tante palline di lana per esercitarmi a lavorare in tondo, e poi farci collane e orecchini coloratissimi. Poi, contro ogni moda che ci vuole con una Vuitton appesa al braccino teso perfino per andare all’università, vado in giro con la borsona Granny coloratissima che ho fatto io: strana, eccentrica, perfetta per i miei libroni e sembra la borsa di Mary Poppins da cui si può tirar fuori di tutto, troppo facile e imperfetta rispetto ai bellissimi lavori di chi fa l’uncinetto da vero artista, ma quanto sono fiera di sapere che una pazza borsa come la mia non ce l’ha nessuno! ; ) Ha già incuriosito molte amiche e anche la signora del negozio. Eccola qua, lato A e B.

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Credo che i Granny Squares siano una buona idea per chi vuol cominciare a sferruzzare, per passare dal panico quando non si riesce neanche a tenere l’uncinetto in mano a quando i movimenti diventano automatici: s’imparano già i punti base e viene fuori qualcosa di bellino anche per chi è principiante, praticamente servono solo la maglia alta e la catenella per i quadrato e poi la maglia bassa e bassissima per rifinirli e unirli. Ci si fanno coperte, copri cuscino, borse, e anche sciarpe. Per provare ci sono due opzioni: trovate una nonna paziente che v’insegni oppure seguite con attenzione un tutorial come questo (in inglese ma con immagini e spiegazioni molto chiare) oppure questo…io sono talmente principiante che non potrei dare consigli tecnici!

Ho poi scoperto questo blog : ci sono le spiegazioni per fare delle Granny bellissime, anche quelle facili che ho usato io che ho scoperto chiamarsi “old America”.

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