Uno di quei giorni

Sogni. Ora come ora non ricordi cosa, ma sogni profondamente mentre in Soffitta tutto tace. Ma che strano suono ha questa sveglia, non sembra la mia.

No, infatti. è la sveglia dell’Orso. Merda.

Merdissima, perché la sveglia dell’Orso in questi giorni  suona esattamente 50 minuti dopo la tua. I 50 minuti che da quando hai memoria ti sono estremamente necessari per passare dal mondo degli zombie al mondo dei vivi. Il tuo treno arriva al binario fra circa dieci minuti, tu sei in pigiama, con un alito che stenderebbe un cammello, il segno del cuscino stampato sul viso e i capelli esplosi. E fra un’ora esatta dovresti essere lucida e perfetta, già in bianco in giro per il reparto a prendere pressioni sprizzando solarità da tutti i pori.

Orso, corri, che se mi porti alla stazione te ce la faccio!

L’Orso in pigiama con gli occhi ancora appiccicati si mette scarpe e piumino e scende ad accendere il motore mentre tu ti infili il primo jeans che capita e butti nello zaino spazzolino e dentifricio.

Ore 7.08, seduta in treno sai che qualsiasi essere umano con doppio cromosoma X nel raggio di chilometri ha un’aria meno disfatta di te che struccata, spettinata e probabilmente con una macchia di sugo sulla maglia che non hai proprio avuto tempo di controllare, ti senti brutta da morire. Hai proprio una faccia che dice “sveglia da dieci minuti”. Almeno hai trovato il tempo di lavarti i denti e dare una passata di mascara un minuto prima di salire in treno. Preghi di non incontrare nessuno che conosci perché la forza di dire buongiorno e sorridere l’hai lasciata sotto le coperte. Quanto vorresti tornare a casa e sparire sotto il piumone insieme ai gatti!

Sì, dici alla faccia grigia che ti guarda di riflesso dal finestrino: per anni il tuo sogno ricorrente è stato proprio che la sveglia ti tradiva e arrivavi tardi a scuola e non ti facevano entrare, che ci andavi nuda, o con due scarpe diverse, e adesso guarda che bella cera. Dai, togli le ditate dagli occhiali, almeno. Lei ti guarda e ti sbeffeggia: potrebbe andare peggio…potrebbe anche piovere. Hai quasi paura a guardare giù perché temi di vedere che ai piedi non hai gli anfibi ma le pantofolone pupazzose col pelo.

La storia si conclude con un cornetto alla crema e un cappuccino al bar della stazione. E adesso facciamo cominciare questa giornata,sorprendentemente in orario, anche senza fondotinta.

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